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STORIA
La Chiesa dedicata a San Giorgio Martire, in Breda Cisoni, sorge là dove esisteva un oratorio della seconda metà del Quattrocento. L’edificio che ammiriamo oggi venne progettato pressoché contemporaneamente alla chiesa del Bibiena di Villa, dall’architetto viadanese Pietro Antonio Maggi, in un elegante stile tardo-barocco, più confacente ai moduli mitteleuropei che a quelli italiani. Il cantiere prese avvio nel 1747, ed ebbe conclusione nel 1764. Nei sei anni successivi vennero realizzate l’elegante decorazione in stucco delle volte e attorno alle ancone, ad opera di Davide Terzani e, insieme, le maestose statue in stucco marmorizzato da parte dello scultore comasco Stefano Salterio. La pala d’altare, raffigurante il Martirio di San Giorgio, venne commissionata allo stesso pittore veneto che aveva realizzato anche i medaglioni con gli Evangelisti nella volta della navata e due pale per altrettanti altari laterali. Nel 1769 viene istallato il prezioso organo ancora funzionante, dall’organaro ferrarese Giovanni Cavalletti (op. 29), ampliato dai nipoti Giovanni e Stefano nel 1828. Nel 1829 caddero dalla volta alcuni stucchi, e, malauguratamente, il parroco dell’epoca, anziché provvedere ad un globale ed adeguato restauro, decise di togliere tutti gli ornamenti in stucco della volta, sostituiti nel 1883 da una anonima decorazione a tempera. Nel 1863 venne eretta la torre campanaria, su progetto del colto arciprete viadanese Don Antonio Parazzi. Un recente restauro complessivo dell’esterno ha restituito all’edificio quella vivacità cromatica che l’usura del tempo aveva cancellato.
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ARTE
La facciata è divisa in due ordini da una cornice fortemente aggettante. In quello inferiore una serie di lesene, poggianti su di un alto zoccolo, incorniciano il portale ad edicola, mentre quello superiore, ridotto in larghezza, si accorda alla cornice marcapiano con due volute. Ai lati il cornicione termina con due pinnacoli a piramide. Una cimasa a vela conclude la facciata e si raccorda alla cornice sottostante con altre due volute. L’interno è un trionfo di decorazioni in stucco, splendente d’oro, con finali a conchiglia, a ciuffo, a fiammella, e a lingue dorate. Un’unica navata voltata a botte è contornata da tre cappelle per lato. Le due centrali sono veramente grandiose e sontuose, riempite da due maestosi altari e costituiscono con il loro intreccio quasi un’aula quadrata conferendo all’ambiente una forma centrica. L’altare a destra è dedicato alla Madonna del Rosario, ed è arricchito dai santi domenicani che hanno propagato tale devozione. L’altare a sinistra custodisce una elegantissima pala con la Sacra famiglia adorata dai SS. Pietro e Paolo. Altre pale di notevole interesse ornano tutti gli altari laterali. Assai curioso è l’affresco sopra il portale che fantasiosamente rappresenta un paesaggio della Cappadocia, patria di S. Giorgio. Di grande impatto scenografico l’altare maggiore, in stucco marmorizzato, che ha come sfondo la sontuosa architettura appoggiata all’abside che racchiude la pala, è ornata dalle statue dei SS. Pietro e Paolo, di Mosè e di Aronne, da un tripudio di angeli, è sovrastata da un vivace rilievo che illustra il Re Davide vincitore del gigante Golia, ed è coronata da un importante baldacchino in legno dorato.
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SPIRITUALITA'
La chiesa di S. Giorgio racconta il bisogno umano di tuffarsi nella gloria di Dio, strappandola dal cielo per portarne un frammento qui in terra. Gente che abitava case – poco più che tuguri – non disdegnava di investire e profondere ricchezze affinché la chiesa fossa una sorta di reggia, non solo per accogliere Dio, il Signore, ma anche per sentirsi in questa casa “signori”, in quanto figli di Dio. Soprattutto la Domenica l’umile popolo di Dio, abituato alle fatiche, al lavoro, ai sacrifici, alle tragedie, trovava qui una dimora sontuosa in cui riscoprire e vivere in pienezza la propria dignità. È questa senz’altro una delle ragioni per cui anche in piccoli borghi come Breda Cisoni si possono scoprire chiese di una sontuosità inimmaginabile. Qui la gloria di Dio si travasava nell’uomo vivente, secondo il detto di Ireneo di Lione: “Gloria Dei vivens homo”.
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