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STORIA
Il 17 gennaio 1751 Don Giovanni Battista Pedrazzi, laureato in filosofia a Roma, buon conoscitore delle grandi basiliche barocche dell’Urbe, prendeva canonico possesso della Prepositura di Villa Pasquali. Sostenuto dalla radicata religiosità popolare e, soprattutto, dalle facoltose ed intraprendenti Confraternite della Beata Vergine della Consolazione e del SS. Sacramento, nel 1765, il Prevosto Don Pedrazzi, ottenuto il consenso del Vescovo di Cremona, Mons. Ignazio Maria Conte Fraganeschi, commissionò al celebre architetto Antonio Luigi Galli da Bibiena la progettazione, l’edificazione, e la decorazione, di un vasto edificio basilicale. Esistono solo due chiese al mondo interamente progettate e realizzate da Antonio Galli da Bibiena: una si trova in Germania, a Mannheim, nell’attuale Land del Baden-Württemberg, si tratta della Jesuitenkirche St. Ignatius und Franz Xaver, un tempo cappella palatina del Principe Elettore del Palatinato, splendente di ori e di colori, sempre fresca di restauri – come avviene normalmente oltralpe –, ma le sue volte traforate sono semplicemente dipinte. L’altra è, appunto, la chiesa di S. Antonio Abate in Villa Pasquali, dove i trafori sono reali. La raffinatezza architettonica e decorativa della doppia volta viene significativamente accentuata dalla illuminazione, rigorosamente naturale, dovuta a lucernari opportunamente collocati, e celati alla vista, il che crea effetti scenografici ed illuminotecnici di grande suggestione. A tredici mesi dall’inizio dei lavori – il cantiere era stato aperto nel 1765 –, proceduti con una celerità che ha dell’incredibile e da uno sforzo veramente corale, la costruzione era pressoché ultimata. Purtroppo, un grave incidente compromise un lavoro eccezionale per grandiosità e per tempistica: alle ore 19.00 di mercoledì 19 novembre del 1766, mentre già si ergeva superba, la cupola crollò miseramente, e tale episodio sconcertante, anziché fiaccare la volontà della popolazione ed indurla ad abbandonare un’impresa titanica, spinse ancor più la Comunità ad ultimare l’opera secondo i progetti previsti, aricchendola delle chiavi di volta in metallo, per garantire stabilità e sicurezza alla vasta aula. Il Prevosto Don Pedrazzi, non riuscì ad ammirarla compiuta, poiché morì a soli 58 anni nel 1781. Il concorde fervore popolare consentì di completare il capolavoro nel 1784, a soli 19 anni dopo la posa della prima pietra, un vero record di efficienza asburgica e di tempestività lombarda ben coniugate. In quell’anno la comunità decretò la fine dei lavori, nonostante la torre sinistra, prevista dai progetti del Bibiena, non fosse conclusa e l'intera facciata fosse ancora di mattoni a vista, condizione in cui si trova ancora oggi. Da allora l’edificio è rimasto sostanzialmente integro.
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ARTE
Nonostante l’incompiutezza, la facciata è di notevole impatto scenografico, a motivo di un sapiente gioco di masse aggettanti e rientranti, che creano chiaroscuri di grande suggestione, e che mostrano quanto il Bibiena padroneggiasse sia il linguaggio architettonico-monumentale che quello illusionistico-teatrale. I severi canoni classici, che prevedono l’uso dell’ordine dorico, nel registro più basso dell’edificio, ed ionico, in quello più elevato, sono stati rispettati nella facciata, con l’unica variante dell’uso dell’ordine tuscanico, piuttosto che di quello dorico, a livello inferiore. All’interno stupisce la fastosità e l’eleganza che la semplice descrizione non riesce a rendere. Le volte del catino dell’abside e dei transetti, nonché la cupola, sono il vero e proprio gioiello architettonico che rende la chiesa di S. Antonio Abate un unicum. Qui, infatti, le murature, rigorosamente in laterizio, sono caratterizzate da un'originale effetto illusionista, basato sull’“invenzione” delle doppie calotte: quelle interne costituiscono un pizzo di pietra dalle forme mistilinee; quelle esterne sono dipinte ad affresco colore cielo di un azzurro intenso: si ha la sensazione di vedere il Paradiso popolato dai suoi naturali cittadini, una folla di angeli nei catini absidali, e di angeli e profeti nella cupola. Queste figure sono state realizzate dal Morini. Il Bibiena ha sapientemente e genialmente progettato e realizzato un autentico merletto di pietra, di una raffinatezza incredibile, dato l’elemento materico di cui è costituito, il laterizio. Tra la parte più esterna e la cupola più interna, si coglie la presenza di un’ampia intercapedine inondata di luce naturale, filtrante da oculi nascosti, luce che sembra giocare e trastullarsi, creando effetti degni del migliore odierno tecnico dell’illuminazione: una “prospettiva celeste”, come la definiva il Bibiena, celestiale! La sorpresa si fa incanto non appena si giunge sotto la cupola, all’incrocio tra i quattro bracci della croce, e lo sguardo si lancia verso l’alto. La cupola raggiunge i 33 metri di altezza – numero carico di simbolismo cristologico – ed è sorretta da quattro poderosi pilastri, nei quali sono incastonate le statue, in stucco, dei quattro Evangelisti, facilmente riconoscibili dagli attributi iconografici: l’angelo per S. Matteo, il leone per S. Marco, il toro per S. Luca e l’aquila per S. Giovanni, che reca pure in mano il calice dal quale fuoriesce un serpente. Essi si stagliano nella selva di grandi colonne marmorizzate, evocative degli apostoli, colonne della Chiesa. I quattro Evangelisti denotano echi del Bertesi. Nel catino dell’abside i trafori si mostrano in tutto il loro splendore originario, in seguito al recente restauro, e lasciano intravedere svolazzi di angeli affrescati nel cielo retrostante. La conca traforata è retta da quattro lesene. Nella prima a destra dell’osservatore (partendo dal centro) è visibile un lacerto di decorazione originaria sottostante all’azzurro che ora ricopre l’intera zona. È nettamente visibile ed apprezzabile una elegantissima ghirlanda di alloro che ornava tutte le lesene. Un veto assoluto, incomprensibile ed ingiustificabile da parte della Soprintendenza, durante il restauro compiuto nel 2016, ha impedito di riportare alla luce l’intera decorazione che il Bibiena aveva previsto e realizzato, e di restituire ulteriore leggerezza ed eleganza all’abside e all’intero edificio.
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SPIRITUALITA'
Le volte interne, interamente in laterizio sono rette da otto nervature nella cupola e da sei nervature nei tre catini absidali, convergenti in un anello di raccordo e collegate da vele traforate. Qui realmente la cupola e i catini a doppio cielo, con calotta inferiore traforata, perdono ogni valore strutturale e la loro consistenza diviene aerea, teologica, e spirituale, poiché l’occhio dell’osservatore è invitato a scrutare il Paradiso che si cela e si svela attraverso i trafori arabescati, e a vivere la dinamica del “già” e del “non ancora”, che caratterizza il pellegrinaggio verso l’Assoluto dei fedeli che volgono il loro sguardo verso il cielo.
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